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Omofobia, lesbofobia, transfobia, bifobia, e tante altre. Tanti nomi per indicare quella che spesso viene definita una paura (fobia) ma che in realtà paura non è, quanto piuttosto l’avversione irrazionale nei confronti di soggettività che vivono modi di esistere, orientamenti sessuali e identità di genere non conformi a quella che la cultura eteropatriarcale dominante definisce “norma”. Si basa su un complesso di costrutti culturali che producono stereotipi e pregiudizi, funzionando proprio come il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo e il sessismo.

Le ricerche stanno dimostrando che questi atteggiamenti di odio non sono innati, ma pregiudizi culturalmente acquisiti. Fin dalla nascita noi tutti siamo esposti ai valori e alle credenze della cultura in cui siamo immersi: è così che sviluppiamo pensieri e convinzioni su come funziona il mondo, su cosa è giusto e cosa è sbagliato, su ciò che è lecito e su ciò che non lo è.

Sono quattro le aree in cui si concentrano la maggior parte degli stereotipi e dei luoghi comuni circa le persone LGBTQI+:

  • Non conformità ai ruoli di genere. “Le lesbiche sono dei maschiacci”, “le lesbiche hanno tutte le unghie corte”, “i gay sono tutte femminucce”, “i gay si occupano di moda e non amano il calcio”: frasi come queste si basano sulla convinzione irrazionale secondo la quale l’orientamento sessuale determini modi di essere assimilabili al genere opposto e che esistano atteggiamenti e modi di essere giusti per un genere piuttosto che un altro;
  • Ruoli sociali. “I gay sono tutti di sinistra”, “le lesbiche giocano tutte a calcio”, “le trans sono tutte prostitute”, “i gay sono trasgressivi”, “i bisessuali sono persone confuse”, “le coppie omosessuali sono meno stabili rispetto a quelle eterosessuali”, “i gay non sono in grado di educare i figli”, “le persone transessuali sono malate o deviate”: simili affermazioni nascono dal pregiudizio per cui le persone LGBTQI+ sarebbero solitarie, anticonformiste, trasgressive, insicure, deboli, vittime, predisposte ad una carriera specifica e a determinate scelte politiche;
  • Rapporti e comportamenti sessuali. “Gli omosessuali ci provano con tutti”, “se dormo con un gay rischio che ci provi con me”: questi pensieri si basano sull’idea errata che le persone non eterosessuali vorrebbero ingannare e “convertire” le persone eterosessuali;
  • Cause dell’omosessualità. “I figli dei gay sono tutti gay”, “i gay hanno tutti una mamma possessiva”, “l’omosessualità è causata da un’avversione verso l’altro sesso”: secondo questa visione le persone LGBTQI+ diventerebbero tali in seguito a traumi infantili, a causa di un desiderio dei genitori di avere figli di sesso diverso, o a causa di una non corretta educazione sessuale. In generale, domandarsi i motivi di un orientamento sessuale o di un’identità di genere è scorretto, poiché indica un pregiudizio di diversità da una norma che in realtà, la scienza dimostra, non esiste. 

In una cultura omotransfobica, ancor prima di sapere che cosa siano orientamento sessuale e identità di genere, ereditiamo, senza accorgercene, la convinzione che essere LGBTQI+ sia qualcosa di “sbagliato”, “strano”, “innaturale” e contrario alle norme del vivere comune. La ricerca ci dice che incertezza, paura, e soprattutto debolezza, sono fattori di rischio che rendono assai più sensibili ai messaggi omotransfobici che possono venire dalla società, dalla famiglia, dalla scuola, dal gruppo dei pari, dalle pressioni sistematiche di talune predicazioni religiose.

Omotransfobia: il linguaggio dell’odio

Purtroppo, in Italia, sono ancora frequenti casi di violenza verbale e/o fisica nei confronti delle persone LGBTQI+.

Il linguaggio omotransfobico ingenera nelle persone LGBTQI+ senso di colpa, percezione di inadeguatezza, vergogna. Anche l’omotransfobia interiorizzata, ovvero l’attitudine negativa che una persona LGBTQI+ può sperimentare verso la propria soggettività, può generare situazioni drammatiche. 

Si pensi in tal senso alle parole drammatiche di Pier Paolo Pasolini:

Io ho sofferto il soffribile, non ho mai accettato il mio peccato, non sono mai venuto a patti con la mia natura e non mi ci sono neanche abituato. Io ero nato per essere sereno, equilibrato e naturale: la mia omosessualità era in più, era fuori, non c’entrava con me. Me la sono sempre vista accanto come un nemico. Non me la sono mai sentita dentro.

L’omotransfobia interiorizzata porta la persona LGBT ad avere paura dei propri pensieri e sentimenti, nella convinzione di essere espressione di malattia od errore, al punto da spingerla a contrastare o a mascherare completamente la propria identità, trasformando la difformità in deformità. La psicologia può fare tanto nella direzione di aiutare le persone LGBTQI+ a raggiungere una piena accettazione di sé.

Tutelare la salute delle persone LGBTQI+

A causa dell’omotransfobia, le persone LGBTQI+ devono affrontare sfide impegnative: spesso devono fare i conti con le credenze negative, gli atteggiamenti discriminatori, il pregiudizio, la violenza verbale o fisica non solo nella società, ma anche all’interno delle loro stesse famiglie, della scuola e delle comunità religiose. Nella maggior parte dei casi, queste sfide sono affrontate da soli, senza il sostegno di nessuno ed, anzi, a volte sono combattute proprio in quegli stessi contesti familiari, sociali, amicali, da cui le persone si aspettano invece di ricevere sostegno. La solitudine e l’emarginazione che ne consegue hanno un impatto estremamente negativo sulla salute fisica e mentale delle persone LGBTQI+.

E se l’odio fosse una “malattia”? 

Per secoli si è pensato all’omosessualità come ad una malattia da curare, una devianza da correggere, riparare. Finalmente, il 17 maggio 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità ha cancellato, per esempio, l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali, definendola come una variante naturale del comportamento umano.

Ciò che è davvero interessante da un punto di vista clinico e sociologico non è più andare ad indagare le “cause” degli orientamenti sessuali e delle identità di genere, ma piuttosto comprendere i meccanismi che portano una persona a provare ostilità, paura, rabbia e/o disgusto verso queste varianti.

Per prevenire e contrastare questi fenomeni di odio è importante che si diffonda un’educazione sentimentale e sessuale che insegni fin da piccoli a non avere paura di se stessi, delle proprie emozioni, dei desideri e delle differenze con gli altri.

Vuoi verificare se e quanto sei omofobo? Ecco alcune affermazioni tratte dalla Scala Italiana per l’Omofobia.

  • Ho paura che i rapporti omosessuali siano una minaccia per la società in quanto contribuiscono alla diminuzione delle nascite
  • Cambierei opinione e sentimenti verso un amico se venissi a scoprire che è omosessuale
  • I gay e le lesbiche non dovrebbero rivelare ai loro genitori la propria omosessualità, per non farli soffrire troppo
  • Il comportamento omosessuale non costituisce un buon esempio per i bambini
  • Un buon calciatore non può essere gay
  • La cultura omosessuale (libri, film, televisione, etc.) può essere pericolosa perché può provocare un aumento dei casi di omosessualità
  • Se i gay e le lesbiche vogliono avere gli stessi diritti degli eterosessuali devono rinunciare alla loro omosessualità
  • Se scoprissi che il mio superiore è omosessuale, avrei paura delle richieste e/o delle pressioni sessuali che potrebbe farmi
  • Mi procurerebbe disagio ospitare in casa per la notte una coppia omosessuale

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