Skip to main content

L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) colpisce circa il 5% della popolazione infantile. È uno dei più comuni disturbi dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente, che si manifesta in disattenzione, iperattività e compulsività. È tuttavia necessario non confondere un semplice comportamento vivace con la presenza di un disturbo vero e proprio come l’ADHD. 

Cos’è l’ADHD?

La sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) è un disordine del neurosviluppo caratterizzato da una durata particolarmente breve dell’attenzione e da eccessiva vivacità e impulsività, le quali interferiscono con le funzionalità o lo sviluppo del bambino e dell’adolescente.

I sintomi dell’ADHD possono presentarsi già nei primi anni di vita e diventano più evidenti con l’inizio della scuola, che segna un importante cambiamento per il soggetto. Non a caso la maggior parte delle diagnosi vengono fatte tra i 7 e i 10 anni. Le stime dicono che circa il 5% della popolazione infantile ne soffre. Come riconoscere dunque un bambino affetto da ADHD? 

I bambini affetti da sindrome da deficit di attenzione e iperattività sembrano essere sempre occupati in qualche attività, la quale difficilmente verrà terminata. Infatti, il livello attentivo è così basso che spesso non permette di completare dei semplici compiti, oppure di programmare i passaggi che porteranno al compimento di un task. I bambini con ADHD sono continuamente distratti da nuovi stimoli e quest’irrequietezza mentale si traduce poi in agitazione motoria, nello specifico in impulsività e iperattività. Questi due sintomi, insieme alla disattenzione, completano il quadro del disturbo. I bambini con ADHD possono sembrare dunque difficili da gestire rispetto ai loro coetanei a causa dei loro comportamenti, che possono condurre a problemi significativi nella relazione e nell’apprendimento.

Ma quali sono le cause di questo disturbo? 

ADHD: le cause

Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività non riconosce una singola causa, piuttosto vede il suo sviluppo nell’incontro e interazione di vari fattori: genetici, neurobiologici e ambientali.

Studi di genetica che hanno coinvolto i bambini hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione tra la presenza di alcuni geni e lo sviluppo di ADHD. 

In particolare, una delle possibili cause di questo sviluppo potrebbe essere l’alterazione nel gene responsabile della produzione della dopamina. Questo neurotrasmettitore è di particolare importanza perché veicola le informazioni fra i neuroni ed è quindi alla base di molti processi cognitivi, come quelli che regolano l’attenzione e la memoria. Per questo motivo gran parte dei farmaci che vengono prescritti per la cura dell’ADHD aiutano ad aumentare la produzione di dopamina, facilitando così una corretta comunicazione tra i neuroni.

Nell’individuare le cause dei disturbi è stata inoltre registrato un fattore di familiarità. Un bambino affetto da ADHD ha 4 volte più probabilità di avere un parente con la stessa malattia, mentre un terzo dei padri che soffrono di questa sindrome ha un figlio con lo stesso disturbo.

Infine, alcuni fattori ambientali sono legati all’insorgenza del disturbo. Tra questi:

  • Fumo di sigaretta 
  • Abuso di alcool in gravidanza
  • Basso peso neonatale
  • Nascita prematura
  • Ipertensione
  • Stress

Inoltre, l’esposizione prolungata e incontrollata dei bambini a dispositivi elettronici come TV, smartphone e tablet sembra contribuire a un progressivo decadimento delle capacità attentive del bambino. Sebbene queste non siano individuabili come vere e proprie cause, di certo possono essere fattori che contribuiscono allo sviluppo di determinati processi cognitivi e comportamenti.

La diagnosi

Se si nutrono sospetti circa i comportamenti del proprio figlio o figlia, è necessaria una visita presso uno specialista. La diagnosi di ADHD è infatti stabilita dal pediatra e/o dal neuropsichiatra infantile dopo aver raccolto informazioni sul bambino, sia dai genitori che dagli insegnanti.

Prima che venga diagnosticato questo disturbo, il medico deve escludere la presenza di altre patologie o eventi temporanei (come problemi di udito, difficoltà di apprendimento, ansia o depressione) che possono provocare l’insorgenza della sintomatologia tipica dell’ADHD.

Per una corretta diagnosi è necessario che i sintomi principali della sindrome (deficit di attenzione, iperattività e impulsività): 

  • Siano presenti per almeno 6 mesi
  • Siano comparsi prima dei 7 anni
  • Si manifestino in più contesti (scuola, famiglia, società)

Inoltre, è necessario che vengano anche valutati il livello cognitivo del bambino e la sua capacità di comunicare.

La terapia

Al giorno d’oggi non esiste una cura risolutiva per l’ADHD. Tuttavia ci sono alcuni trattamenti che possono contribuire a ridurre i sintomi, attraverso un approccio multidisciplinare.

Nella maggior parte dei pazienti determinati farmaci sono in grado di ridurre efficacemente i sintomi dell’iperattività e impulsività. In particolare vengono somministrati questi tipi di farmaci:

  • Stimolanti. Questi farmaci, di cui il più comune è il metilfenidato, aumentano la produzione di dopamina nel cervello, aiutando così a sviluppare una comunicazione più efficace tra i neuroni e a migliorare l’attenzione del bambino. 
  • Non stimolanti. Rappresentano una seconda scelta. Infatti, sembrano richiedere più tempo per iniziare a dare beneficio. I due approcci possono essere combinati. 
  • Antidepressivi. Talvolta anche gli antidepressivi vengono utilizzati per la cura dell’ADHD, anche se non tutti gli organismi di controllo governativi li hanno approvati. Anche in questo caso, agiscono sulla produzione di dopamina.

Affianco a una cura farmacologica è importante sviluppare un percorso terapeutico specifico. Tra le terapie più efficaci per il trattamento dell’ADHD c’è ad esempio la terapia cognitivo-comportamentale, la quale agisce sulle strategie comportamentali del bambino. Le finalità, nel caso di questo specifico disturbo, possono ad esempio essere una migliore organizzazione nei compiti, una migliore concentrazione e gestione degli eventi emotivamente stressanti. 

Anche i familiari e gli insegnanti del bambino possono essere coinvolti nel percorso, al fine di fornire dei riscontri positivi o negativi per specifici comportamenti e aiutare a costruire insieme un ambiente con regole chiare e strutture entro cui agire. Tutto è visto nell’ottica di un comportamento più adatto al vivere sociale, dunque al miglioramento delle relazioni del bambino e delle sue capacità di apprendimento.

Per approfondimenti o per richiedere un consulto specialistico, chiamaci
Tel. 02 52 51 7103

oppure

CONTATTACI