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I bambini possono sviluppare comportamenti specifici che segnalano la presenza di un trauma. Esistono dei test utili ad analizzare questi comportamenti: tra questi, i test proiettivi. Scopriamo di cosa si tratta.

Test proiettivi: cosa sono?

Si tratta di test costruiti a partire da quelli che vengono definiti metodi proiettivi, che coinvolgono cioè la produzione spontanea del soggetto a partire da una situazione standardizzata e uguale per tutti. La situazione di partenza, detta setting, deve essere il più possibile neutra e ambigua in modo da favorire i meccanismi di proiezione. Come indica il termine stesso, infatti, i test proiettivi sono basati sul meccanismo psicologico della proiezione. Vediamo di cosa si tratta.

Cos’è il meccanismo di proiezione in psicologia

La proiezione è il meccanismo inconscio per cui il soggetto organizza e struttura un’esperienza proiettando su questa la sua esperienza interiore, la struttura stessa della sua personalità. In tal senso, possiamo dire dunque che i test proiettivi misurano il vissuto: non un’esperienza concreta, ma la lettura di come i bambini hanno interiorizzato la loro esperienza. Il test proiettivo, infatti, per sua natura prevede il verificarsi dell’identificazione proiettiva che ne diventa la base dell’interpretazione stessa. È ciò che succede al bambino quando riesce a identificarsi col protagonista di un film, riflettendo in base alle proprie esperienze su ciò che gli rimane più o meno facile.

Test proiettivi: quali sono e come funzionano?

Esistono molteplici test proiettivi, ciascuno funzionante secondo differenti meccanismi reattivi messi in atto dal bambino. Nel test Blacky, per esempio, troviamo concetti come formazione reattiva, intellettualizzazione, razionalizzazione e ritiro. Un discorso analogo vale per lo Sceno-test.  Sui reattivi carta-matita è più probabile che si riscontrino fenomeni come l’idealizzazione, piuttosto che la negazione. La presenza o meno di determinati meccanismi dipende, ovviamente, dalla storia di vita del bambino. In bambini fortemente traumatizzati, per esempio, si possono verificare l’uso di meccanismi arcaici come il diniego; in personalità meno deficitarie, invece, l’uso dello spostamento può servire come proiezione all’esterno della rabbia e dell’aggressività, perché non possono attaccare direttamente l’oggetto d’amore. Poi ci sono bambini che si affezionano a un meccanismo piuttosto che ad un altro e lo usano in maniera prevalente e massiccia nel corso di tutto il protocollo; mentre ci sono altri che sono più flessibili e utilizzano più meccanismi contemporaneamente.

I contesti di utilizzo 

In rapporto ai test proiettivi, si parla sempre di contesti di utilizzo. Quando parliamo di contesti di utilizzo dobbiamo tenere conto del contesto non tanto per la qualità dell’analisi che uno fa, quanto per gli elementi che il bambino può autorizzarsi ad esprimere: se un professionista utilizza il test per una fase di consultazione clinica, quindi in vista di una presa in carico, sicuramente sarà più intuitivo e meno rigida l’interpretazione, se invece il test avviene all’interno di un percorso peritale l’analisi dei meccanismi di difesa e l’analisi qualitativa del materiale emerso dovrà essere valutata che tenga sotto controllo il rischio interpretativo.

L’uso dei test proiettivi, per quanto apparentemente di semplice utilizzo, richiede uno studio approfondito e una corretta formazione per la somministrazione del test e la valutazione dei risultati. È ancora più importante ribadirlo, quando come in questo caso si parla di età evolutiva. 

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